L’eredità genetica non ha l’ultima parola!
Il professore Reuven Feuerstein è uno dei massimi esponenti nel campo della psicologia e delle scienze dell’educazione. Fonda nel 1992 l’ ICELP ( International Centre for Enhancement of Learning Potential), un centro di formazione, ricerca e terapia che ha la finalità di aiutare bambini adolescenti e giovani adulti in situazioni di handicap e raggiungere livelli di funzionamento cognitivo più elevati.
Ciò che caratterizza la visione di Feuerstein è la sua grande fiducia nella modificabilità dell’essere umano, poiché nessuno è in grado di raggiungere la massima espressione delle proprie potenzialità cognitive, le quali vengono sviluppate lungo tutto l’arco della vita.
“Fa’ questo, dì quest’altro e otterrai il risultato…se ti comporti così sbagli! applica le seguenti regole nel caso in cui…”
Quante volte ci siamo sentiti dire queste cose dai nostri genitori, e quante altre volte abbiamo utilizzato queste parole per educare, sulla base delle buone intenzioni di ciascuno?
Le ragioni per cui questo approccio porta al fallimento sono evidenti. Dare direttive generalizzate a un bambino su cosa dire e come agire non aiuta: “le prescrizioni sono a volte totalmente estranee allo stile di vita, al bagaglio culturale, all’esperienza e alla sensibilità di chi le dovrebbe mettere in atto”
[1].
L’originalità di Feuerstein sta nell’aver messo in luce che per lo sviluppo intellettivo dei bambini non è necessario caricarli di impegni, giochi e attività didattiche. Ciò che si richiede è la volontà di porsi come mediatori tra il mondo e il bambino, di dare cioè un senso alle parole e alle azioni, anche più banali, e di svelare la carica di emozione che si nasconde dietro i nostri gesti, affinché diventino intelligibili.
È importante sottolineare il ruolo giocato dalle emozioni nella trasmissione della conoscenza. Tra tutte le esperienze emozionali, la più importante è quella di essere in grado di immedesimarsi nella persona che riceve il nostro sostegno.
Ma che cose significa essere mediatori?
Il primo mediatore che un bambino incontra venendo al mondo è il corpo caldo e morbido della sua mamma. Da quel momento in avanti il percorso di vita del bambino sarà caratterizzato dalla presenza di un mediatore, che aiuterà il piccolo ad affrontare le diverse fasi di vita. Crescendo, sentirà sempre meno il bisogno di un mediatore tra sé e il mondo fisico, mentre crescerà l’esigenza di comprendere, classificare, dare un senso agli innumerevoli stimoli che quotidianamente riceve.
Proviamo ad immaginare a che cosa succederebbe se invece di riporre ordinatamente i vestiti dentro l’armadio, sistemandoli sui giusti scaffali, li ammucchiassimo, lanciandoli in un angolo della camera da letto. Perderemmo gran parte del nostro tempo e delle nostre energie a cercare quello che ci serve. Trovata una calza, non sapremmo comunque che farcene perché ci mancherebbe l’altra, della stessa lunghezza e colore.
Allo stesso modo, se siamo privi di schemi mentali non riusciremo mai a dare una logica ai nostri pensieri e un ordine alle nostre informazioni.
Dice Feuerstein: ”nella mia pluridecennale esperienza con bambini con difficoltà d’apprendimento ho potuto verificare che l’esperienza di apprendimento mediatizzato non si limita ad apportare modifiche a livello di comportamento. In molti casi influisce sulla struttura stessa del cervello. Le più recenti ricerche nel campo della neurofisiologia hanno confermato quanto noi abbiamo sempre sostenuto, dimostrando che l’esperienza di apprendimento mediatizzato ha un effetto perfino su quelle zone che sono rimaste poco sviluppate o danneggiate a causa di fattori genetici, traumi o anomalie cromosomiche”
[2].
Ma che cosa dice Feuerstein per suscitare da una parte diffidenza e dall’altra le adesioni più entusiastiche?
Esprime un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario: l’intelligenza può essere insegnata e quindi aumentata fin dai primi anni di vita.
Non è un’eredità immodificabile che ciascuno di noi si porta dietro per sempre, senza possibilità di evoluzione.
È invece un insieme di abilità e di processi mentali che ci permettono di dare un senso al mondo che ci circonda e di acquisire le informazioni per risolvere i problemi che ci vengono posti.
Un fenomeno dinamico, insomma, che si può imparare.
Feuerstein mette a punto un Programma di Arricchimento Strumentale, un mezzo di spiccata efficacia per intervenire in quelle situazioni dove si rilevano problematiche relative agli apprendimenti e alla carenza cognitiva. La finalità di questo Programma che viene proposto anche all’interno del Centro Polifunzionale Amaltea da clinici formati alla metodologia, è quella di aumentare la modificabilità cognitiva strutturale dell’individuo, al fine di favorire il processo di adattamento all’ambiente. “Si propone di educare i processi di pensiero attraverso lo sviluppo ed il miglioramento delle principali funzioni cognitive. L’educazione cognitiva si distingue dalle educazioni tradizionali per un compito specifico: apprendere ad apprendere, apprendere a formarsi e a diventare più efficienti ed autonomi.”
[3]
In questo caso è il clinico che funge da mediatore tra la realtà esterna e i vostri figli, nel rispetto delle caratteristiche cognitive e personologiche del bambino, della sua sensibilità.
Si tratta di un lavoro volto a generare nell’individuo una modificazione durevole, in modo tale che l’esposizione a stimoli ricchi e variabili lo rendano capace di rispondere attivamente aumentando soprattutto la sua capacità di pensare prima di agire, così da sentirci rispondere, davanti ad un compito:
“… un attimo, sto pensando!…”.
Psicologa Psicoterapeuta
Dott.ssa Alessia Gabellini
Bibliografia
Feuerstein R., Feuerstein R. S., Falik L., Rand Y. (2008). Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein. Fondamenti teorici e applicazioni pratiche. Trento, Edizioni Erickson.
Nessia L. (2002). Come insegnare l’intelligenza ai vostri bambini. Milano, Red! Edizioni.
Nessia L. (2003). Come stimolare giorno per giorno l’intelligenza dei vostri bambini. Milano, Red! Edizioni.
Paour J.L. (1995).
Il movimento dell’educazione cognitiva in Albanese O., Doudin P. A., Martin D., (1995) (a c. d.)
Metacognizione ed educazione, Milano, Franco Angeli.
[1] Nessia L. (2002). Come insegnare l’intelligenza ai vostri bambini. Milano, Red! Edizioni.(P. 11)
[2] Nessia L. (2002). Come insegnare l’intelligenza ai vostri bambini. Milano, Red! Edizioni.(P. 13)
[3] Paour J.L. (1995).
Il movimento dell’educazione cognitiva in Albanese O., Doudin P. A., Martin D., (1995) (a c. d.)
Metacognizione ed educazione, Milano, Franco Angeli.