La Valutazione Logopedica è indispensabile allo scopo di elaborare il ‘Piano di Trattamento Riabilitativo’, all’interno del quale sono stabiliti obiettivi e modalità di trattamento personalizzati per ogni bambino.
Al centro Amaltea la Valutazione Logopedica viene strutturata in:
Purtroppo rispondere a questa domanda non è semplice, infatti stabilire a priori la durata di un trattamento logopedico, diretto o indiretto che sia, risulta molto difficoltoso, se non impossibile, in quanto sono molteplici gli elementi che vanno ad influenzare la riuscita dell’intervento e quindi la conseguente interruzione in tempi più o meno brevi. Innanzitutto è necessario considerare la condizione di ogni bambino, tramite un’accurata valutazione logopedica iniziale, che consenta di stabilire la natura e la gravità delle difficoltà di ciascun individuo, unita anche ad altre eventuali valutazioni a fini diagnostici. Inoltre, anche l’età del bambino è un fattore che gioca un ruolo fondamentale, per cui va ancora una volta sottolineata l’importanza della precocità e tempestività di intervento. Infine, anche la possibilità di creare una rete tra i professionisti che si occupano del singolo caso e la famiglia e la scuola, in modo da intervenire in maniera globale, è sicuramente un aspetto favorevole per il raggiungimento di obiettivi terapeutici in tempi più rapidi.
Per rispondere a questa domanda, prima di tutto, è bene definire tale condizione come “Ritardo di linguaggio”, ovvero quando all’età di 24 mesi il bambino produce un numero di parole molto limitato, nello specifico al di sotto della soglia delle 50 parole, non consentendo quindi l’avvio della prima grammatica tramite la combinazione di 2 o più parole. Infatti, seppur caratterizzato da un’importante variabilità interindividuale, lo sviluppo del linguaggio segue delle tappe definite “universali”, le quali prevedono la cosiddetta “esplosione del vocabolario” tra i 18 e i 24 mesi circa, vale a dire quel momento in cui si verifica un incremento estremamente marcato in termini quantitativi delle parole prodotte dal bambino. È una fase in cui il piccolo spontaneamente indica e nomina gli oggetti ed è interessato a imparare nuove parole (ad esempio chiede spesso “che cos’è?”). Un bambino che si trova in tale circostanza può essere definito Late Talker o Parlatore Tardivo. Questa condizione, comunque, non necessariamente evolverà in un vero e proprio Disturbo di Linguaggio, in quanto alcuni bambini normalizzano il proprio linguaggio, recuperando in maniera graduale il gap con gli altri coetanei, senza necessità di interventi specifici. Si parla in tal caso di Late Bloomers, ovvero bambini che acquisiscono il linguaggio successivamente rispetto alle tappe universalmente riconosciute di sviluppo, proprio perché, come si è detto, caratterizzate da una notevole variabilità interindividuale. Tuttavia, altri bambini Parlatori Tardivi possono permanere nella difficoltà e sviluppare un Disturbo del Linguaggio. Ovviamente, lo sviluppo lessicale ridotto è solo uno degli elementi che va tenuto in considerazione per definire il quadro e che si annovera tra gli indici predittivi di un disturbo di linguaggio. Molti altri fattori, infatti, ne influenzano lo sviluppo e si possono ritenere altresì fattori di rischio, quali ad esempio la comprensione verbale, lo sviluppo del gioco, l’utilizzo di gesti e azioni comunicative. Pertanto risulta fondamentale contattare precocemente il logopedista, in modo da valutare la specifica condizione di ogni bambino, considerando inoltre la relativa storia anamnestica e gli innumerevoli fattori che influiscono sullo sviluppo del linguaggio e che, perciò, vanno a definire situazioni anche molto differenti tra loro.
Proprio per questo motivo, rivolgersi ad un logopedista, non necessariamente presuppone l’avvio di trattamenti riabilitativi, in quanto, in base alla condizione che si delinea a seguito di un’accurata valutazione, possono configurarsi diversi scenari. In alcuni casi potrebbe essere sufficiente un’azione di counselling rivolta ai genitori, ovvero una serie di consigli per attuare adeguate stimolazioni verbali, seguite da follow-up di monitoraggio, oppure un trattamento logopedico indiretto, i cui protagonisti continuano ad essere i genitori, inseriti all’interno di percorsi di “Parent Training”. In altri casi, infine, è possibile anche avviare dei veri e propri trattamenti riabilitativi diretti sul bambino, i quali potranno essere articolati con modalità e frequenza differenti, sempre in base alle caratteristiche del bambino e delle difficoltà riscontrate. Ciò che è certo, è la ormai comprovata importanza dei trattamenti riabilitativi precoci. Infatti, si ritiene fondamentale ai fini della riduzione del ritardo, come dimostrato dagli studi in letteratura, la proposta di un intervento precoce per promuovere nel bambino una gamma di abilità socio-comunicative e linguistiche tipiche. L’effetto è maggiore quando l’intervento si effettua in bambini con un’età approssimativa di 2 anni rispetto a bambini più grandi.
Intervenire precocemente consente di sfruttare adeguatamente la plasticità cerebrale, modificando del tutto la traiettoria del disturbo, mentre un intervento tardivo non sempre consente la restitutio ad integrum.
Se il vostro bambino si esprime con un linguaggio pieno di errori e talvolta scarsamente comprensibile potrebbe presentare una difficoltà linguistica riguardante la capacità di articolare i suoni del linguaggio (competenza foneticoarticolatoria) e/o la capacità di utilizzarli nel modo corretto (competenza fonologica). Per affrontare tale problematica può essere utile partire dallo sviluppo tipico dei suoni linguistici o fonemi. L’acquisizione dei suoni del linguaggio si registra in modo spontaneo, senza la necessità di indicazioni o istruzioni da parte degli adulti. Questa importante conquista avviene gradualmente, seguendo delle specifiche tappe evolutive ed è caratterizzata da una grande variabilità interindividuale infatti l’età, l’ordine e la velocità di acquisizione dei suoni variano da bambino a bambino.
Solitamente i primi suoni consonantici prodotti sono quelli più visibili e più rilevanti dal punto di vista acustico quali p , b , t , d , c , g , m, n. Successivamente, per tentativi ed errori, il bambino fa emergere, dapprima occasionalmente, poi in maniera sempre più stabile i suoni “nuovi” costruendo passo dopo passo il suo inventario fonetico. Questa progressiva acquisizione avviene grazie alle capacità percettive (uditive e visive), motorie e alla maturazione delle strutture orofacciali.
Figura 1
Sono state definite, seppur in modo flessibile, le tappe indicative dell’evoluzione fisiologica dei fonemi (figura 1 tratta da PFLI-Prove per la valutazione Fonologica del Linguaggio Infantile). Non esiste una regola assoluta ma in linea generale un bambino di 3 anni e mezzo possiede un inventario di suoni pressoché completo. Alcuni fonemi, quali z (sia sorda che sonora), sc, r, gl, tendono a comparire più tardivamente, infatti, in alcuni casi, possono essere acquisiti anche all’età di 4-5 anni e oltre. I bambini non imparano subito a parlare “bene” ma, fino a una certa età, tendono a semplificare la forma delle parole tramite omissioni, aggiunte o sostituzioni di suoni e/o sillabe. Queste semplificazioni sono considerate fisiologiche nel bambino che sta imparando a parlare, costituiscono una forma di comportamento attivo per il raggiungimento del target adulto e come tali non devono essere oggetto di rimproveri. Tuttavia, nello sviluppo tipico, dovrebbero progressivamente ridursi fino a scomparire intorno ai 4 anni (figura 2).
La persistenza di tali semplificazioni oltre l’età appropriata potrebbe essere l’espressione di una difficoltà linguistica a livello fonologico.
Figura 2
Dunque il linguaggio del vostro bambino può essere incomprensibile o distorto per vari motivi: il piccolo potrebbe avere un inventario di suoni limitato rispetto a quanto atteso per età cronologica, presentare un alto numero di suoni ma non riuscire ad utilizzarli nel modo corretto oppure mostrare entrambe le caratteristiche, esprimersi cioè attraverso un ridotto repertorio di suoni e mettere in atto processi di semplificazione. Nel caso di una sospetta difficoltà si consiglia di rivolgersi ad un logopedista che grazie ad un’accurata valutazione del linguaggio potrà individuare se ci sono condizioni che impediscono un corretto sviluppo fonetico-fonologico. Sulla base dei dati emersi da questa precisa analisi verrà stabilita la necessità o meno di avviare un percorso di trattamento. Infine ecco alcune strategie da adottare con i vostri bambini:
La comprensione del linguaggio da parte di un interlocutore non sempre dipende da come vengono pronunciate le parole, ma anche come vengono organizzate nella frase e successivamente in un discorso.
L’aspetto grammaticale è strettamente correlato con il numero di parole prodotte, tant’è che le prime frasi iniziano ad emergere solo una volta raggiunta la soglia di 50 parole (19-24 mesi). Tuttavia questo aspetto spesso non è sufficiente per fare in modo che il bimbo riesca a raccontare ciò che desidera. Per arrivare ad avere una produzione come quella adulta, il bimbo attraversa le seguenti fasi:
FASE | ETA’ | DESCRIZIONE | ESEMPIO |
Fase presintattica | 19-24 mesi | Prevalenti parole singole senza verbo e morfologia. | “Pappa più” |
Fase sintattica primitiva | 25-28 mesi | Non più parole singole, ma enunciati seppur incompleti | “bimbo mangia pappa” |
Completamento della frase nucleare | Fino ai 33 mesi | Emerge la morfologia legata ed aumenta il numero di elementi | “il bambino mangia la pappa con il cucchiaio” |
Fase di consolidamento e generalizzazione delle strutture complesse | Fino ai 38 mesi | Tutta la morfologia è acquisita, compaiono connettivi causali e temporali, utilizza coordinate e subordinate. | “il bambino mangia la pasta con il cucchiaio dopo che ha bevuto l’acqua” |
L’alterato sviluppo di questo aspetto può essere selettivo per le sue sottocomponenti di morfologia libera (articoli, pronomi, congiunzioni..) , legata (flessione di verbi, nomi e aggettivi) e/o sintassi (ordine delle parole all’interno della frase).
Ad un livello macroscopico la combinazione di frasi dà origine alla narrazione.
Questo è il livello più complesso perché comprende tanti fattori non solo linguistici ma spaziali, temporali, attentivi ed emotivi.
Queste fasi vengono completate nell’arco di tempo che va dai 2 anni e mezzo circa ai 6 anni. La competenza narrativa riveste un ruolo molto importante perché è strettamente correlato alle richieste scolastiche e agli aspetti sociali della comunicazione.
I più importanti prerequisiti per un corretto sviluppo narrativo sono:
Lo strumento che più consente di sviluppare questo aspetto del linguaggio è il gioco: è proprio qui che emergono le prime strutture narrative, con giochi interattivi tra adulto e bambino per evolversi alla lettura di libretti e al racconto di storie sia tradizionali che di vita vissuta.
Durante l’ultimo anno di scuola dell’infanzia, una parte consistente del programma viene indirizzato a quelle competenze che andranno a sostenere l’apprendimento di lettura e scrittura sia a livello orale che scritto. Queste attività riguardano le abilità grafiche, visuospaziali, e le abilità collegate al linguaggio dette competenze metafonologiche.
Queste nella capacità di analizzare le parole, cogliere le somiglianze e le differenze tra loro e modificarle, quindi hanno a che fare con la consapevolezza della struttura delle parole e nello specifico sono:
L’abilità nel compiere queste operazioni e riflettere sui segmenti, infatti, facilita il lavoro di analisi che deve fare un bambino quando ascolta una parola e la trascrive e viceversa, quando la legge e deve ricomporla lettera per lettera per denominarla correttamente.
L’operazione dell’apprendimento del linguaggio scritto (lettura e scrittura) richiede l’intervento di tante altre competenze come per esempio l’attenzione e la memoria, in particolare un tipo di memoria (memoria di lavoro) che consente di mantenere attiva la parola mentre viene sillabata, unita, analizzata.
Ciò rende le competenze metafonologiche solo uno degli aspetti che occorre tenere in considerazione prima del passaggio alla scuola elementare.
La valutazione di questo aspetto, però, diventa particolarmente necessaria per tutti quei bambini con una storia di pregresso disturbo di linguaggio che li rende più sensibili a difficoltà di analisi della parola e quindi all’apprendimento di lettura e scrittura.
Altri aspetti che possono rendere utile un approfondimento prima dell’ingresso alla scuola elementare sono:
In età prescolare e scolare i bambini possono presentare caratteristiche del linguaggio riconducibili ad una balbuzie quali ripetizioni di suoni e/o di sillabe, blocchi, prolungamenti di suoni all’interno delle parole.
In un’elevata percentuale di casi si assiste ad una remissione spontanea del quadro, ciò significa che i sintomi caratteristici della balbuzie accompagnano l’evoluzione del linguaggio del bambino per poi regredire spontaneamente.
Esistono una serie di indici di rischio che permettono al logopedista di stabilire con quale probabilità il quadro di balbuzie si conclamerà o andrà incontro ad una remissione spontanea: a tal proposito con il manifestarsi di tale sintomatologia è consigliabile rivolgersi alla figura del logopedista per una valutazione al fine di individuare i fattori di rischio, le caratteristiche della balbuzie e fornire ai genitori dei consigli sugli stili comunicativi più adatti a non favorire il conclamarsi del disturbo.
Terminare le frasi al posto del bambino, sostituirsi a lui mentre parla, non lasciargli il tempo necessario per esprimere ciò che vuole, ripetergli di parlare con calma e stare tranquillo sono atteggiamenti che peggiorano la balbuzie e possono portare il bambino a sviluppare un’attitudine negativa nei confronti della comunicazione evitando sempre più situazioni in cui deve parlare o relazionarsi verbalmente con gli altri.
Oltre ad una valutazione e ad un counselling genitoriale su che cos’è la balbuzie e quali sono gli stili comunicativi più utili per dialogare col bambino, se il logopedista lo riterrà necessario, verrà consigliato un trattamento logopedico diretto al fine di migliorare la fluenza e ridurre i sintomi della balbuzie.
Uno dei sintomi core dell’autismo è rappresentato dalla difficoltà di comunicazione. Il logopedista riveste dunque un ruolo fondamentale nella presa in carico di bambini con diagnosi di autismo. Il nostro obiettivo prioritario è fornire al bambino uno strumento di comunicazione funzionale. Lo strumento comunicativo viene scelto in funzione delle risorse e delle caratteristiche del bambino tra: sistema di comunicazione aumentativo alternativo (PECS o segni comunicativi) o linguaggio verbale. Instaurato un valido sistema di comunicazione utile ad esprimere i propri bisogni, fare richieste ed interagire con gli altri, se il bambino ha avuto accesso al linguaggio verbale, viene intrapreso un trattamento logopedico finalizzato al miglioramento del linguaggio su vari livelli: l’articolazione dei suoni delle parole, il lessico, la costruzione della frase, la lettura e la scrittura, l’uso pragmatico del linguaggio.
I bambini con autismo presentano caratteristiche molto diverse gli uni dagli altri per cui è necessario stilare un piano di trattamento personalizzato tenendo conto dei suoi bisogni funzionali e delle sue abilità emergenti.
La presa in carico del bambino con autismo coinvolge tutti i suoi ambienti di vita e richiede il coinvolgimento di numerose figure che creano una “rete” attorno a lui: neuropsichiatra, psicologo, logopedista, educatore, neuropsicomotricista, insegnanti, famiglia.
Noi logopedisti siamo dunque inseriti in un lavoro d’equipe e ci troviamo quotidianamente ad interagire, collaborare e confrontarci con le altre figure facenti parte della “rete”. Fin da subito ci rendiamo disponibili a partecipare agli incontri che periodicamente vengono organizzati per monitorare l’evoluzione del bambino e aggiornare gli obiettivi del trattamento, forniamo indicazioni sulla parte comunicativo-linguistica di nostra competenza e accettiamo e mettiamo in pratica indicazioni sulle modalità di insegnamento e sugli aspetti comportamentali che vengono forniti dal supervisore del caso.
Riteniamo che la presa in carico multidisciplinare e il continuo confronto con la scuola e le famiglie siano un grande punto di forza per la buona riuscita del trattamento del bambino con autismo.
Grazie all’occhio attento dei colleghi ortodontisti questa richiesta ci giunge sempre più spesso. Si porta dietro una serie di legittimi dubbi e curiosità.
La terapia miofunzionale (TMF) è quel tipo di trattamento logopedico che si applica allo scopo di rieducare la muscolatura oro-facciale e ripristinare il corretto funzionamento orale. ! Spesso sentiamo frasi come: “la lingua spinge sui denti che quindi sporgono fuori”, “le labbra non sono forti quindi non riescono a stare chiuse”, “l’apparecchio non serve se prima non si fa logopedia”. Tutte cose vere ma che vanno analizzate su ognuno e inquadrate all’interno di una corretta Valutazione Logopedica Miofunzionale.
Il logopedista analizzerà i rapporti tra le strutture e i muscoli, valuterà respirazione, deglutizione e masticazione e richiederà, quando necessario, approfondimenti di tipo posturale, otorinolaringoiatrico o gnatologico etc. per inserire la TMF all’interno di un processo di riabilitazione personalizzato per ogni paziente.
L’importanza di questo percorso è data dalle frequenti ripercussioni sul resto del sistema che una persona con Squilibrio Muscolare Oro Facciale si porta dietro, come mal di schiena, squilibri posturali e rigidità muscolari.
Certamente, con alcune importanti considerazioni.
Per elaborare un trattamento logopedico personalizzato ed efficace è necessario conoscere il bambino e le sue abilità linguistiche di quel preciso momento, è importante instaurare una relazione positiva e capire quale materiale sia più adatto a permettergli di apprendere.
Per questo è necessaria una buona Valutazione logopedica.
Talvolta la famiglia è già provvista di Relazione Clinica (rilasciata di seguito alla valutazione), che analizziamo durante il ‘Colloquio di Presa in carico con i genitori’ discutendo insieme la possibilità di procedere direttamente con il trattamento o di effettuare un’eventuale integrazione.
In tal caso potremmo chiedervi di poterci mettere in contatto con i colleghi che hanno visto il bambino e creare una rete di confronto e scambio attivo.
Anche le persone adulte, o meglio, tutte quelle persone che avevano già acquisito competenze linguistiche e comunicative adeguate alla loro età e al loro ambiente socio-culturale e che le usavano correttamente, possono manifestare diverse problematiche legate al linguaggio, alla comunicazione o ad altre abilità cognitive (orientamento, memoria, attenzione, ragionamento ecc..). Questo può essere una conseguenza di lesioni di origine vascolare (ictus), traumatica, espansiva, infettiva o dovuta a malattie neurodegenerative come M. di Parkinson, sclerosi multipla ecc.. che, appunto, possono portare ad una perdita di funzioni già apprese in precedenza.
Il logopedista in questi casi effettuerà una valutazione accurata delle capacità residue e delle difficoltà del paziente tramite colloqui e la somministrazione di test standardizzati con lo scopo di fornire un quadro generale rispetto le abilità cognitivo-linguistiche del paziente e di valutare la necessità di un trattamento riabilitativo logopedico.
Nel caso in cui dalla valutazione effettuata non risultino difficoltà rilevanti è possibile che sia sufficiente suggerire ai familiari o a chi si prende cura del paziente, alcuni accorgimenti per stimolare la persona e per compensare o limitare l’impatto di tali problematiche nella vita quotidiana.
Nel caso in cui invece le difficoltà siano rilevanti sarà opportuno intraprendere un percorso riabilitativo logopedico personalizzato (considerando interessi e ed esigenze di ognuno) e avente obiettivi specifici derivati dalla valutazione svolta che mirano al ripristino/sostituzione delle abilità deficitarie del paziente.
Prima di tutto per rispondere a questa domanda è bene chiarire che qualsiasi disturbo della voce parlata viene definito disfonia.
La disfonia viene definita come un’alterazione qualitativa e/o quantitativa della voce parlata che consegue ad una modificazione strutturale e/o funzionale di uno o più organi coinvolti nella sua produzione o ad una inadeguatezza delle relazioni dinamiche tra le diverse componenti dell’apparato pneumo-fonatorio. (Bergamini e coll.)
Nella pratica clinica a livello mondiale le disfonie vengono suddivise in disfonie organiche e disfonie disfunzionali. Le disfonie organiche sono disturbi della voce dovute ad alterazioni morfologiche o neuromuscolari di uno o più organi implicati della produzione della voce. Queste alterazioni possono essere: lesioni cordali acquisite (polipi, cisti mucose da ritenzione, noduli, edemi di Reinke, granulomi ecc) e lesioni cordali congenite (cisti epidermoide, sulcus, vergeture, ponte mucoso, microdiaframma commissurale ecc), o essere conseguenze di esiti di chirurgia, di infiammazioni, di disturbi neurologici della laringe (paralisi) ecc..
Le disfonie disfunzionali sono disturbi della voce in cui non si riscontrano lesioni organiche e turbe motorie dell’apparato pneumo-fono-articolatorio. Esse possono essere causate da malmenage vocale (uso scorretto della voce), surmenage vocale (uso eccessivo della voce), atteggiamenti posturali scorretti, incoordinazione pneumofonica, disturbi della muta vocale ecc..
Ecco quindi che eccessive ore d’insegnamento, il frequente utilizzo della voce in ambienti rumorosi o anche solamente il cantare a squarcia gola ad un concerto o il gridare a lungo ad una partita portano il sistema fonatorio sotto sforzo con possibili conseguenze come abbassamenti vocali, alterazione della qualità vocale (voce rauca, soffiata ecc..) o addirittura afonia.
Generalmente queste conseguenze sono temporanee e nell’arco di 5/7 giorni si ha una ripresa vocale completa. Nel caso in cui questo non avvenisse è opportuno rivolgersi ad un medico specialista (foniatra e/o otorinolaringoiatra) per un’indagine più approfondita svolta con strumenti specifici (laringostroboscopia). Se protratti nel tempo invece, è bene sapere che questi comportamenti possono evolvere in disfonie organiche, quindi in particolare per chi utilizza la voce a livello professionale (insegnanti, avvocati, cantanti, operatore di call center ecc) può essere sempre utile un colloquio con il logopedista che fornirà indicazioni per un corretto utilizzo della voce e consigli di igiene vocale (idratazione interna delle mucose, utilizzare umidificatori, evitare prodotti che disidratano le mucose, evitare di schiarire la gola continuamente, ridurre stati infiammatori, evitare contatto con fumi e polveri irritanti ecc..) con lo scopo di ridurre il fonotrauma e preservare l’organo vocale nel miglior modo possibile.
Nel caso in cui il foniatra ritenga necessaria una presa in carico logopedica per specifico trattamento riabilitativo al fine di migliorare o risolvere la problematica vocale del paziente, verrà prima di tutto effettuata valutazione logopedica caratterizza da una valutazione dell’eloquio spontaneo ed eventuali esigenze e utilizzo lavorativo, una valutazione rispetto all’impatto della voce nella vita quotidiana, un’analisi acustica della voce parlata, una valutazione della respirazione e coordinazione pneumofonica ed eventuali squilibri posturali che possono contribuire ad aumentare la fatica fonatoria.
Dopo un’attenta e accurata valutazione verrà concordata, insieme al paziente, la strategia terapeutica più opportuna da intraprendere. A seconda del caso verrà programmato un ciclo di terapia logopedica esclusiva oppure una terapia “sandwich” ( terapia logopedica – fonochirurgiaterapia logopedica) come prevedibile nei casi di disfonie da lesioni cordali congenite o acquisite (cisti, polipi, granulomi ecc..). E’ sempre consigliabile effettuare un breve ciclo di trattamento logopedico prima della fonochirurgia per eliminare i comportamenti abusivi.
Come nell’età adulta anche in età evolutiva possono verificarsi problematiche vocali dovute ad esempio ad un comportamento di sforzo vocale che si accompagna ad una modificazione del timbro che spesso diviene rauco e grave.
Tra le cause delle disfonie infantili ci può essere una predisposizione anatomo-fisiologica, un comportamento di sforzo vocale, habitus allergico, laringiti ricorrenti, reflusso, aumento dello stress e delle tensioni emotive ecc..
Qualora la disfonia sia persistente, anche in questo caso è opportuno rivolgersi al medico specialista (foniatra e/o otorinolaringoiatra) che, mediante la raccolta della storia clinica del bambino e una visualizzazione diretta delle corde vocali con specifica strumentazione (laringostroboscopia), stabilisce se si tratta di una disfonia organica o funzionale e la necessità di un eventuale percorso logopedico, utile non solo per la risoluzione del disturbo, ma anche per prevenirlo mediante l’educazione all’uso corretto della voce.
Il coinvolgimento dei genitori in questo percorso è fondamentale per favorire la presa di coscienza dei fattori predisponenti e perché sono il primo esempio per il bambino.
Oltre alla stesura del progetto pedagogico riabilitativo da parte del logopedista possono essere messe in pratica alcune semplici norme di igiene vocale: